BUCCI DIXIT
“Il Comune di Genova in futuro non darà più il patrocinio al Gay Pride, non bisogna spingersi sulle condivisioni troppo estreme. Lo daremo alle manifestazioni d’interesse per tutti i 585 mila genovesi, non per gli interessi di un’unica parte”.
Partiamo da un dato di fatto: Bucci non darà il patrocinio al Gay Pride. Respingiamo, perché sarebbe troppo avvilente, l’ipotesi che Bucci non voglia darlo perché ostaggio della destra che lo sostiene. E una certa destra non ha mai avuto troppa simpatia per i bulicci.
No, impossibile che dopo le esternazioni surreali dell’assessore Garassino sui migranti ora tocchi anche ai gay finire nel tritacarne delle nuova destra.
Allora i problemi delle dichiarazioni di Bucci sono altri: il senso delle parole e la logica.
- Bucci parla di “interessi” di una parte. Ma, caro Sindaco, qui sono in discussione i diritti. Gli “interessi” sono altra cosa. Forse il manager Bucci è abituato per la sua passata esperienza a utilizzare soprattutto l’espressione “interessi”, ma sarebbe utile consultare il vocabolario.
- Bucci parla di “parte”, di nuovo forse una parola scelta con molta, troppa fretta. Qui si discute di “persone”, di “cittadini”. E’ un’altra cosa, non ci sono sempre parti, amici o nemici, caro Sindaco.
- Ancora più sorprendente, da un punto di vista della logica e magari del senso della democrazia, la seconda affermazione: “Daremo patrocinio alle manifestazioni di interesse per tutti i 585mila genovesi”. Scusi, caro Bucci, ma allora niente patrocinio alle manifestazioni cattoliche perché non tutti siamo cattolici? Nessun patrocinio quando si difendono i diritti delle donne, perché quasi la metà dei genovesi sono uomini? E gli ebrei, i profughi istriani, i curdi… niente perché sono minoranze?
- C’è un altro punto: una città degna di questo nome non dà voce soltanto ai diritti di tutti. Ma anche, e soprattutto, a quelli dei pochi che sono stati per secoli discriminati e sono senza voce. Giusto?